Nel corso dei lavori del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, riunito a Roma dal 20 al 22 marzo scorsi, è stata approvata la pubblicazione delle Linee di preparazione alla 48ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia (Cagliari, 26-29 ottobre 2017).
Il cammino verso Cagliari – che nella prospettiva del Comitato scientifico e organizzatore persegue un metodo attivo e partecipativo – si sta articolando e si articolerà su quattro registri comunicativi: la denuncia delle troppe zone di discriminazione, disagio e sfruttamento; l’ascolto e la narrazione dell’esperienza lavorativa contemporanea; la raccolta e la condivisione di buone pratiche, che già oggi creano nuove occasioni occupazionali; la formulazione di proposte capaci di incidere sui contesti giuridici, istituzionali e organizzativi, tanto a livello locale che nazionale.
Pubblichiamo di seguito il testo del documento approvato dal Consiglio Permanente.
Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale
Linee di preparazione per la 48ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani
(Cagliari, 26-29 ottobre 2017)
La 48ª Settimana Sociale che si svolgerà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017 avrà per tema: «Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale» e si propone di dare un contributo all’intera società italiana per uscire dalla crisi in cui versa.
Al centro delle nostre preoccupazioni abbiamo scelto dunque di collocare il tema del lavoro. Cosa può accadere a una società democratica e nelle nostre parrocchie quando diventa imbarazzante augurarsi “buon lavoro” e il lavoro non c’è? Quali sono i principali cambiamenti in corso – sia a livello sociale e politico sia antropologico – a causa dei quali molte persone perdono il lavoro o devono ricominciare da capo?
A partire da queste domande che ci abitano vogliamo subito premettere che a Cagliari non ci ritroveremo per celebrare un convegno come tanti. Ma, in coerenza con lo spirito delle Settimane e con il ruolo di servizio al Paese che esse possono giocare nella contemporaneità, questa Settimana Sociale costituirà una tappa di un percorso, già cominciato nei mesi precedenti e destinato a continuare. Vogliamo stare vicini a quanti soffrono per aver perso il lavoro o perché non riescono a trovarlo. Ma vogliamo anche e soprattutto cercare soluzioni e avanzare proposte per il mondo del lavoro. Seguendo l’indicazione di Papa Francesco, l’obiettivo è quello di “aprire processi” che impegnino le comunità cristiane e la società italiana a rimettere il lavoro al centro delle nostre preoccupazioni quotidiane a motivo della ineliminabile dimensione sociale della evangelizzazione (Evangelii Gaudium, cap. IV).
Il senso del lavoro nella Dottrina Sociale della Chiesa e nella Costituzione
Siamo figli di una storia che ha sempre dato un’attenzione particolare al lavoro. Gli interventi della Chiesa a favore del lavoro hanno sempre avuto a cuore “i lavoratori” – specie i più deboli – più che “il lavoro”. Dalla Rerum novarum (1891) di Leone XIII – in cui si denuncia lo sfruttamento dei lavoratori dipendenti, il lavoro minorile, i duri orari dei lavoratori, la situazione delle fabbriche – fino all’Evangelii Gaudium in cui Papa Francesco afferma che il lavoro è quell’attività in cui “l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita. Il giusto salario permette l’accesso adeguato agli altri beni che sono destinati all’uso comune” (n. 192).
Un tale insegnamento è anche filtrato nella Costituzione italiana, dove “lavoro” è il secondo termine più ricorrente, dopo “legge”. Il citatissimo art. 1, «la Repubblica è fondata sul lavoro» – da cui discendono diritti e doveri per contribuire al progresso «materiale o spirituale della società» (art. 4 Cost.) – presuppone uno stretto legame tra il lavoro – visto come mezzo di libertà, d’identità, di crescita personale e comunitaria, d’inclusione e di coesione sociale, di responsabilità individuale verso la società – e la dignità della persona.
Alcune criticità della situazione italiana
Nella società italiana, il lavoro ancora oggi si associa troppo spesso a problemi e difficoltà: pensiamo alla frustrazione dei giovani che non riescono a trovare un’occupazione attraverso cui esprimere il proprio talento; all’angoscia dei cinquantenni che perdono quel lavoro a cui hanno dedicato gran parte della loro vita; alla sofferenza dei tanti sfruttati e mal pagati, privati dei loro diritti e della loro dignità.
Nonostante i risultati positivi degli ultimi anni, la situazione del lavoro in Italia rimane critica. Tra le altre, preme sottolineare quattro questioni che ci stanno particolarmente a cuore.
In primo luogo, c’è un gravissimo problema legato alla disoccupazione giovanile. Alla fine del 2016 i giovani disoccupati erano 3 milioni, poco meno del 40% del totale. Tra questi i “neet” (giovani che non lavorano, non studiano, non si formano) sono circa 1,5 milioni tra i giovani 15-29 anni. Un disagio che va anche oltre: il lavoro precario, prestato irregolarmente da parte dei giovani (non protetto, non sicuro e non retribuito) è un secondo lato oscuro della condizione giovanile dell’Italia di oggi. La conseguenza è che il patto intergenerazionale tra madri/figli – padri/figli, sul quale è stato basato il nostro sistema, si sta sgretolando. Circa 30 anni fa l’Italia aveva 1,2 milioni di anziani, oggi ne ha 3,5 milioni; il clima sociale tende a garantire gli adulti occupati; sempre più spesso sono gli anziani, carico dei giovani precari a cui mancano spazi e spesso opportunità. Una gravità particolare riveste la situazione del Mezzogiorno nell’occupazione giovanile come in altri campi riguardanti la problematica del lavoro.
Un secondo problema è la preoccupante estensione dell’area della povertà associata alla forte crisi occupazionale di questi ultimi anni, quando la disoccupazione e il «lavoro povero» si sono allargati a macchia d’olio a tutte le forme di lavoro, autonomo e dipendente. La povertà assoluta, raddoppiata rispetto ai livelli registrati prima della crisi, costituisce ormai un’emergenza nazionale che non può più essere trascurata. In particolare se si pensa che l’incidenza della povertà assoluta tra i giovani fino ai 17 anni è in costante aumento e sfiora i livelli del 10%, mentre quella degli over 65 è rimasta stabile al 4%. A ciò si aggiungono le varie forme in cui il lavoro viene sfruttato e deturpato dall’illegalità in varie forme come le agromafie, il caporalato e le ecomafie.
Una terza dimensione problematica deriva dal nodo di questioni connesse al lavoro femminile e alle sue implicazioni sulla vita familiare. È ormai da qualche anno che le ragazze raggiungono livelli di scolarità superiore rispetto ai coetanei maschi. Nonostante questo, la loro partecipazione al mercato del lavoro rimane molto limitata; la disoccupazione femminile è più alta della media (13,2%); i salari delle donne sono sensibilmente più bassi di quelli degli uomini a parità di mansione; il numero di figli pro capite è tra i più bassi in Europa. Un insieme di indizi che mette in luce la difficoltà incontrata dalla società italiana sia a riconoscere e valorizzare le competenze delle donne, sia a creare una reale compatibilità tra lavoro e vita familiare.
Infine, c’è il problema legato alla distanza tra il sistema scolastico e il mondo del lavoro. L’Italia rimane intrappolata in uno schematismo che, separando rigidamente il momento formativo da quello lavorativo, comporta un divario tra la domanda di competenze delle imprese e i profili in uscita da scuole e università. Il 20% delle assunzioni che le imprese hanno in programma nei primi tre mesi del 2017 è di difficile reperimento. È dunque urgente affinare l’alternanza scuola-lavoro come metodo formativo nel quale ci si allena, intenzionalmente, a considerare le conoscenze (sapere) e le abilità (saper fare) come mezzi per impadronirsi di competenze nella risoluzione di problemi concreti (fine). È per questo che culturalmente scuola e lavoro vanno ripensati insieme. E questo con riferimento non solo all’industria, ma anche all’agricoltura, al commercio, all’artigianato, al turismo e alla custodia del territorio e del creato.
Un’attenzione particolare: la rivoluzione tecnologica
Nelle società moderne, il lavoro è soggetto a un cambiamento continuo. Negli ultimi anni, in particolare, il mondo del lavoro sta cambiando così in fretta da rivoluzionare stili di vita e modelli etici. Si tratta di mutamenti che sono portatori di grandi domande di fondo. Per esempio, cosa significa lavoro (umano)? Quali devono essere i (nuovi) diritti e doveri del lavoratore? E ancora: come sconfiggere la disoccupazione e quale formazione continua (lifelong learning dicono gli inglesi) garantire ai lavoratori per prepararli al lavoro del futuro? Ci chiediamo: con quali competenze gestire il rapporto lavoratore e la macchina robot? Su quali conoscenze devono investire i giovani? Come in tutti i cambiamenti epocali, anche al tempo dell’Industria 4.0 è compito della cultura e delle forze sociali trovare forme di tutela efficaci per il «lavoro degno». L’innovazione tecnologica può aiutare a risolvere o mitigare i conflitti tra lavoro e ambiente nella cura della casa comune.
Per gestire queste nuove forme di lavoro sarà necessario, per il lavoratore, avere un equilibrio umano e spirituale solido. Il far coincidere in una casa o in un appartamento il luogo del lavoro, gli equilibri relazionali, affettivi e familiari potrebbe essere un fattore di crisi. Allo stesso modo, una disordinata gestione del tempo potrebbe appiattire sul lavoro anche quei momenti di riposo mentale, di gratuità e di lucidità di cui la vita ha bisogno.
Per la Chiesa, il lavoro 4.0 va considerato con grande attenzione, senza mai ridurlo esclusivamente alle logiche economicistiche, che riducono qualsiasi bene in merci (ad esempio la fiducia, la stima, l’amicizia). Se così fosse, il lavoro 4.0 si realizzerebbe come negazione di se stesso.
Il cammino verso Cagliari
Per tali ragioni ci sentiamo sfidati, oggi più che mai, a mettere i nostri fondamenti antropologici, spirituali e teologici al servizio delle soluzioni per i problemi di oggi. Mai come in questa epoca sono infatti necessarie soluzioni maturate alla luce dei princìpi della centralità della persona, della sua dimensione relazionale a immagine e somiglianza di Dio, dell’opzione preferenziale per gli ultimi. È da queste premesse che parte il nostro percorso e il metodo che abbiamo messo in campo e che ci porterà al suo compimento, a formulare alcune proposte operative.
È urgente in questo nuovo scenario antropologico rilanciare culturalmente il significato della festa, del riposo e dell’educazione ai nuovi tempi e anche la difesa degli aspetti relazionali, ludici e gratuiti di cui la vita del lavoratore ha bisogno. Vi è infatti il rischio che l’alienazione venga provocata dall’identificare il valore della persona con la sua capacità produttiva, dalla connessione virtuale continua e dalla costante frammentazione del tempo. Ciò riguarda la grande questione dell’“etica del lavoro” e del valore non solo economico dell’“impresa”.
La domanda centrale rimane: cos’è il lavoro oggi?
Il lavoro dice anche quanto amore c’è nel mondo: si lavora per vivere, per dar vita a una famiglia, per far crescere i figli, per vivere con dignità. Per noi non tutti i lavori sono lavori umani, né sono degni. Lo sono solo quando il lavoro è vocazione e rispetta la dignità della persona che non può essere usata come cosa o come merce. Quando il lavoro è un valore alla base della giustizia e della solidarietà è fondamento di comunità e promozione di legalità.
Il lavoro umano è un’esperienza che include la realizzazione di sé e la fatica, il contratto e il dono, l’impegno e la festa. Richiede passione e creatività, vitalità ed energia, perché nelle imprese, nelle botteghe, negli studi professionali, a parità di strumenti, la differenza la fanno le persone.
Il metodo per camminare insieme
La 48ª Settimana non vuole parlare di numeri, ma di persone, di vite concrete, di speranze e delusioni, di dignità e di solidarietà.
Sembra incredibile, ma ancora oggi si fa fatica a riconoscere che non c’è altra via per una crescita armonica: è il lavoro, con la sua creatività ed anche con la sua produttività, la vera fonte della ricchezza di una comunità. Il pilastro su cui costruire, con un rapporto fecondo, le capacità di ogni singola persona e lo sviluppo economico e sociale.
Nel mezzo di una lunga e difficile transizione, la 48ª Settimana Sociale propone all’intera società italiana una direzione di marcia per contribuire a trovare una strada al fine di uscire dalla crisi in cui versa da troppi anni.
Per questo, ha scelto di operare seguendo un metodo attivo e partecipativo, basato su quattro “registri comunicativi” capaci, nel loro insieme, di accompagnare gruppi e comunità lungo un percorso di riflessione, di conversione, di azione.
I 4 registri comunicativi sui quali si articola il percorso di preparazione a livello locale e nazionale, sono:
* Denuncia
La “denuncia per denunciare” rischia sempre di essere sterile. Si tratta, allora, di dare voce ai più poveri e di prendere la parte dei più deboli, per spirito di carità e amore della giustizia. È il Vangelo che spinge i cristiani a prendere le distanze da tutte le condizioni disumanizzanti rimboccandosi le maniche. Papa Francesco parla di “cultura dello scarto”. Purtroppo, non è difficile constatare che una tale cultura di morte è ancora oggi ben presente nel mondo del lavoro italiano, dove ci sono ancora troppe zone di sfruttamento e di disagio – dai problemi del caporalato a forme di precarietà e di discriminazione, in particolare verso le donne, non accettabili. Per questo, il primo registro che viene suggerito è quello della denuncia: mettere al centro l’uomo e dare centralità alla vita significa prendere la misura del più povero come termine di riferimento irrinunciabile della vita buona. In quest’ottica e in cammino verso Cagliari, siamo chiamati a guardarci intorno nei nostri territori e a individuare le situazioni più critiche che hanno bisogno di essere sanate. Impariamo così a denunciare e a pentirci anche dei “peccati sociali” che sono spesso trascurati.
* Ascolto e narrazione
Una seconda linea di azione è l’ascolto del lavoro, delle forme che prende nella contemporaneità, delle sue concrete esperienze, fisica e/o psicologica, dei successi e dei riscatti.
Ascolto che si traduce poi in narrazione dell’esperienza lavorativa contemporanea. Si tratta di un’azione quanto mai importante soprattutto oggi, considerato che la condizione lavorativa si è andata radicalmente diversificando: orari, luoghi, contratti, mansioni, anche il lavoro oggi si è profondamente individualizzato. Il problema è che tale frammentazione fa sì che, nelle nostre città e nelle nostre comunità locali, ci sia una diffusa solitudine, quasi che ciascuno abbia a che fare solo con se stesso e la propria particolare attività. Tanto più che sono sempre più rare le occasioni per riflettere su quella fondamentale esperienza umana che è il lavoro.
Naturalmente, non vi sono solo aspetti negativi. Nel cambiamento in corso, ci sono nuovi ambiti e nuove attività dove il lavoro rinasce e dove le persone hanno la possibilità di esprimersi e di partecipare alla costruzione del bene comune; dove la responsabilità è stimolata e messa al centro degli stessi processi economici; dove la creatività e la libertà sono riconosciute come la condizione della stessa produzione di valore. Di fronte alla portata del cambiamento in corso, il secondo momento dell’ascolto, presupposto di una vera condivisione, è oggi molto importante. Nella speranza che questa Settimana Sociale possa diventare l’occasione per tornare a riflettere insieme sul senso e sul significato del lavoro nella condizione contemporanea. Per passare all’azione.
* Le buone pratiche
L’uomo è resiliente. E creativo. Sempre capace di dare risposte positive ai problemi che si trova ad affrontare. Per questo, nel lavoro preparatorio della prossima Settimana Sociale ci si è dati il compito di cercare, raccogliere e rappresentare le tante buone pratiche che già oggi creano nuove occasioni di lavoro, danno vita a nuove soluzioni organizzative, prevengono o risolvono positivamente le crisi aziendali, rendono meglio compatibili la scuola con il lavoro, la famiglia con l’ufficio. Buone pratiche che, creando alleanze tra soggetti e interessi diversi, sono capaci d’indicare come è concretamente possibile, nella situazione in cui ci troviamo, arrivare a costruire il bene comune.
È molto importante fare questa operazione di raccolta, valorizzazione e diffusione di soluzioni concrete e già sperimentate. Per ridare speranza a chi rischia di perderla e per riuscire a impegnare tutte le risorse e le energie positive presenti nelle nostre comunità, in uno spirito insieme sussidiario e solidale, nella costruzione delle soluzioni concrete già possibili.
Le buone pratiche hanno un valore esemplare, vanno fatte circolare e rilanciate per rompere quella cappa d’impotenza che sembra talvolta avere la meglio sulla volontà di risollevarsi. Creando così un movimento di popolo capace di far invertire la china a tutto il Paese, non solo ad alcune sue porzioni, e di far riprendere un cammino comune di cambiamento nel senso della giustizia. Il comitato scientifico e organizzatore ha predisposto una griglia per la raccolta delle buone pratiche, compilabile da quanti hanno esperienze da segnalare:
www.settimanesociali.it/materiali/progetto-cercatori-di-lavoro
* La proposta
L’ultimo registro è quello della proposta. Lo abbiamo già ricordato all’inizio: la 48ª Settimana Sociale non si accontenta di organizzare una bella riflessione sul lavoro, ma vuole trasformarsi nel volano di uno sforzo corale che coltiva l’ambizione di arrivare a essere propositivo, stimolando ai vari livelli la capacità della comunità di alleviare i gravi problemi che la affliggono. Nella consapevolezza che, in una società avanzata, i problemi si risolvono anche a livello istituzionale e attraverso scelte e soluzioni che impegnano gli attori sociali organizzati. Proprio la vicinanza alle persone e alle loro storie deve spingerci a formulare proposte capaci d’incidere sui contesti giuridici, istituzionali e organizzativi, tanto a livello locale quanto a livello nazionale.
In questo modo, l’appuntamento di Cagliari vuole diventare l’occasione per raccogliere e portare a frutto quanto le diverse comunità saranno state capaci di elaborare e proporre.
Il metodo qui proposto va interpretato in modo flessibile e modulare. Adattandolo alle condizioni, alle esigenze e alle possibilità dei contesti locali.
Laddove possibile, a livello di singola Diocesi sarà certamente raccomandabile percorrere tutti e 4 i registri comunicativi. Ma può essere che sia opportuno concentrarsi su uno o due registri, in base alle sensibilità del territorio e alle risorse disponibili.
Come aiuto alla preparazione e alla discussione, potrebbe essere importante rispondere, ad esempio, alle seguenti domande:
- (denuncia) sul tema del lavoro, quali sono le difficoltà e le situazioni non tollerabili nel nostro territorio, e più in generale in Italia?
- (ascolto e narrazione) come si sta trasformando il lavoro? Quale è il vissuto delle persone oggi? Quali sono le sofferenze maggiori? E quali sono invece gli spazi di creatività? Ci sono soluzioni organizzative o contrattuali capaci di mettere pienamente a frutto la dignità del lavoratore?
- (buone pratiche) esistono esperienze significative sul territorio che possono essere segnalate come buone pratiche in termini di: creazione di nuovi posti di lavoro o attività imprenditoriale; forme di solidarietà e di sostegno a chi non ha lavoro; esperienze formative o di alternanza scuola-lavoro innovative; mobilitazione di risorse latenti presenti nel territorio a favore del lavoro;
- (proposta) quali proposte a livello istituzionale, politico, economico, organizzativo ed ecclesiale si possono avanzare per avviare processi che rendano il lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale?
Uno degli obiettivi di questa 48ª edizione delle Settimane Sociali è creare una rete di persone competenti e consapevoli, capaci di essere lievito delle nostre comunità rispetto al tema del lavoro. Prima, ma soprattutto dopo l’appuntamento di Cagliari.
Tutta l’organizzazione della Settimana Sociale è progettata in tale ottica: offrire ai partecipanti occasioni d’incontro, scambio, attivazione, formazione in un itinerario che culminerà nelle giornate di Cagliari, anch’esse pensate in modo attivo e partecipativo.
Anche per questo abbiamo ricalibrato la composizione degli inviti, cercando di dare più spazio possibilmente ai giovani e comunque a persone che hanno direttamente a che fare con i temi del lavoro.
La compagine dei delegati sarà dunque così composta:
Diocesi fino a 500.000 abitanti: 3 posti compreso il vescovo
Diocesi oltre, più di 500.000: 5 posti compreso il vescovo
Associazioni laicali: 200 posti totali
Altri Invitati: 300 posti totali
In base alle risposte pervenute dalla Diocesi, e creandosi effettive disponibilità, sarà possibile soddisfare eventuali richieste di un numero maggiore di delegati privilegiando particolarmente i giovani.
Per la buona riuscita dell’evento, ma soprattutto per raggiungere quegli obiettivi che abbiamo sopra richiamato, è decisivo il ruolo dei delegati: dovranno essere dei veri e propri attivatori territoriali, agenti motivati e preparati, dediti – con passione e intelligenza – a una missione che non finisce certamente domenica 29 ottobre. Tutt’altro.
Sarà molto importante designare persone che possano garantire la propria partecipazione attiva prima, durante e dopo le giornate cagliaritane.
Al più presto, sarà costituita una community digitale tra tutti i partecipanti. L’obiettivo è quello di realizzare un’effettiva attivazione delle comunità cristiane su un tema molto sentito e particolarmente urgente.
Per la condivisione del cammino preparatorio
È molto importante che le iniziative svolte a livello locale vengano comunicate e fatte convergere a livello nazionale. Per far questo, è a disposizione un sito web (www.settimanesociali.it) che, oltre a fornire tutta una serie di materiali utili, permetterà di raccogliere, sistematizzare e documentare le tante iniziative svolte a livello diocesano.
Persone, associazioni, gruppi, istituzioni possono rispondere a questo invito alla preparazione della settimana sociale inviando testi e realizzando occasioni di studio, di confronto e di approfondimento.
La Segreteria nazionale delle Settimane Sociali, via Aurelia n. 468 – 00165 Roma, è raggiungibile telefonicamente al numero 06.66398229, per fax al numero 06.66398380, e via e-mail all’indirizzo settimanesociali@chiesacattolica.it.
Si prega di far pervenire i contributi entro il 15 giugno 2017.
In un mondo in rapida evoluzione, e su un tema tanto impegnativo come quello del lavoro, crediamo che come Chiesa cattolica possiamo porci al servizio di tutta la società italiana se saremo in grado di promuovere e connettere le forze presenti sul nostro territorio.
Con questo auspicio ci auguriamo un buon cammino verso Cagliari 2017.