Il lavoro è sempre più “merce rara” – al riguardo i dati Istat dell’ultimo decennio non sono certamente confortanti – e pure quando c’è, in più di un caso, si fatica a definirlo “degno”. A interrogarsi su “Il senso del lavoro oggi. Famiglia, giovani, generazioni a confronto sul presente e sul futuro del lavoro” è stato il convegno nazionale di Retinopera (Roma, 13 maggio 2017), ultima delle quattro tappe indicate nella “Lettera d’invito” verso la Settimana sociale di Cagliari (26-29 ottobre 2017).
Nonostante crisi e precariato, “non possiamo rinunciare all’idea che il lavoro è per la persona, è fondamentale per la sua vita”, ha dichiarato il coordinatore di Retinopera, Franco Miano, richiamando la ricerca del “lavoro che vogliamo”.
Non è casuale che a organizzare l’incontro sia stata proprio Retinopera, realtà nella quale si ritrovano 20 organizzazioni del mondo cattolico italiano “per promuovere la collaborazione fra di loro, per dare concretezza ai principi e ai contenuti della dottrina sociale della Chiesa”.
Il convegno, aperto da Franco Miano e dal segretario di Retinopera, Vincenzo Conso, ha visto quattro momenti distinti: la meditazione, il racconto, la riflessione e le prospettive. L’obiettivo? “Avere una visione a tutto campo – ha sintetizzato Miano – lasciandoci interrogare dalle esperienze e guardando al futuro del lavoro, pur nella consapevolezza delle difficoltà odierne”.
Per inquadrare la situazione sono utili alcuni dati: tra dicembre 2007 e marzo 2017 il tasso di disoccupazione è passato dal 6,6% all’11,7%; quello della disoccupazione giovanile (15-24 anni) dal 21,7% al 34,1%, ma appena lo scorso dicembre era oltre il 40% (dati Istat). Ancora, secondo l’ultimo Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo, il 70% dei giovani che restano a casa non ha alternative e il 92,2%, nell’ultimo anno, non è riuscito a realizzare l’auspicio di emanciparsi dalla famiglia d’origine.
Le difficoltà del lavoro sono emerse nel racconto di Angelo Farano, 31enne di Taranto che dopo anni di contratti a progetto per Italia lavoro (trovava una sistemazione per lavoratori in mobilità o inoccupati) ora ha “un sussidio” grazie a “Garanzia giovani”, che gli finanzia un tirocinio.
Analoga la vicenda di Alessandro De Turres, 43 anni, da sette tirocinante per il ministero della Giustizia, pagato 400 euro lordi al mese, senza alcun diritto. Come lui, altre 2.500 persone in tutt’Italia tra i 30 e i 55 anni, ma un concorso che si annuncia imminente, con 300 mila domande per 800 posti senza vantaggi per chi è già tirocinante, potrebbe spazzare via anni d’impegno. Il paradosso? “Per il mondo delle statistiche risultiamo occupati”, afferma.
Precaria è pure la vita dei ricercatori – il racconto è stato della 36enne Barbara Saracino – e di tanti giornalisti, portati all’attenzione dei presenti da Mattia Motta, giornalista freelance e presidente della Commissione lavoro autonomo della Federazione nazionale della stampa.
Quindi la riflessione. Dobbiamo batterci “per la formazione” perché “questa è la dimensione di oggi: se il lavoro cambia, devo tenere il lavoratore all’interno dei processi di cambiamento”, è il monito di Gigi Petteni, segretario confederale Cisl.
Jole Vernola, direttore centrale politiche del lavoro di Confcommercio, ha richiamato l’importanza dell’orientamento “per far capire che ci sono mondi del lavoro sconosciuti ai più”, evidenziando pure la dimensione dell’“accompagnamento”.
“Formazione delle competenze” ma pure “educazione a vivere la complessità” è il monito di Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse e vicepresidente del Comitato organizzatore delle Settimane sociali, che ha presentato il percorso verso l’appuntamento ecclesiale di Cagliari, di cui la giornata “costituisce già ‘un pezzo’ perché abbiamo messo al centro i volti”.
Sull’impegno delle istituzioni per il lavoro giovanile è invece intervenuto Marco Leonardi, consulente per le politiche economiche del Governo, portando l’esempio della riforma del servizio civile e del recente “jobs act” sul lavoro autonomo.
Infine, l’arcivescovo di Taranto mons. Filippo Santoro, presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, ha rivolto l’attenzione sul Mezzogiorno, sollecitando l’impegno delle istituzioni perché “se cresce il Sud, lo sappiamo, cresce tutta l’Italia. Non è possibile un cammino di crescita del Paese in cui la forbice si allarga anziché restringersi”. “E quando si parla di Mezzogiorno – ha aggiunto – bisogna metterci dentro la visione del Mediterraneo. Apriamo lo sguardo a Mezzogiorno e Mediterraneo”.
(di Francesco Rossi, da www.settimanesociali.it)