di Luigino Bruni*
Le ragazze e i ragazzi hanno un loro proprio punto di vista sul mondo. Fanno molte cose, come e più degli adulti, e con le loro azioni cambiano e migliorano il mondo ogni giorno. L’infanzia e l’adolescenza sono un patrimonio globale della terra, il primo bene comune (common) globale, quello che ha più valore perché in sé contiene la possibilità stessa della continuazione della vita umana. I ragazzi e le ragazze, però, non sanno solo fare: sanno anche pensare, pensano diversamente dagli adulti ed hanno molte idee, perché non occorre diventare grandi per iniziare a pensare veramente. La nostra civiltà ama molto i bambini e i ragazzi, ma non conosce, e quindi non apprezza, il loro pensiero sul mondo. Eppure il loro punto di vista è prezioso ed essenziale: hanno idee sull’economia, sulla politica e, ancora di più, sull’ambiente. Le pensano e le dicono con linguaggi loro, ma le dicono e le pensano. Vivono e guardano lo stesso mondo dei genitori, ma lo guardano e lo vivono diversamente, e quindi lo pensano diversamente.
Il pensiero dei ragazzi è troppo assente dal nostro tempo presente, come era assente nei tempi passati. Eppure hanno sempre pensato, ma il mondo da loro pensato non era considerato dagli adulti qualcosa di interessante né, tantomeno, di utile per la vita sociale, economica, politica. E così questo grande patrimonio è rimasto in massima parte trascurato, dimenticato, non valorizzato. Avremmo avuto una società, una economia e una politica migliori se avessimo preso sul serio anche questo diverso pensiero. Più giuste, più sostenibili, più belle. Il pensiero ragazzo è stato ed è il grande assente nel dibattito pubblico.
Il modo con cui i ragazzi e le ragazze guardano alla fame e la pensano, ad esempio, non è il modo adulto. Loro, molto più di noi, vedono i beni economici all’interno delle relazioni. Sono più sensibili alla diseguaglianza, danno poco peso al denaro, sono generosi. Il loro è un pensiero concreto: non c’è la fame nel mondo, ma ci sono bambini, ragazzi e persone concrete che hanno fame. Perché si può parlare molto loro di fame e povertà, ma la capiscono veramente solo quando vedono e incontrano qualcuno in carne ed essa che è povero e ha fame. La tv e la rete vanno bene per molte cose, ma non per conoscere la fame e la povertà, che sono beni di esperienza (experience goods), che li capisci solo se li vivi, se li tocchi. Per questa ragione, anche il loro pensiero è concreto, è vivo, si tocca: come un panino dimenticato da un cuoco, come la spazzatura gettata per terra dagli adulti e raccolta da loro.
I ragazzi e le ragazze dovrebbero e dovranno partecipare al dibattito pubblico su tutti i temi, Interagire con i politici e gli economisti, raccontare le loro esperienze e esprimere il loro pensiero. Il loro pensiero dovrebbe essere conosciuto dai principali politici ed economisti, perché ne hanno bisogno, perché è un pane che non hanno e che dovrebbero avere. E gli eventi di questi giorni ci dà la buona notizia che qualche politico sta cambiando e sta dando loro ‘voce in capitolo’.
Il pensiero dei ragazzi è rivolto a tutti, è un dono per la società intera. Finora lo abbiamo dimenticato, è forse arrivato il tempo di ricordarcelo. Rilanciare questo pensiero diverso è essenziale per il Bene comune. Perché il Bene comune sarà più vicino quando sarà accolto e ascoltato anche il pensiero dei ragazzi.
*(Testo tratto dall’introduzione del libro “Generazione Fame zero“)