“A tutti gli attori coinvolti e anche alla Comunità Internazionale;
per favore, rinnovo l’appello ad impegnarsi con sincerità, con onestà e trasparenza
sulla strada del dialogo per cercare soluzioni efficaci”.
Il Consiglio Pastorale Diocesano (CPD) fa suo l’appello con il quale papa Francesco nell’Angelus del 13 ottobre us. ha ricordato il dramma della popolazione siriana in particolare nel nord est del Paese a maggioranza curda a causa degli attacchi turchi. Un’altra guerra che va ad aggiungersi ai moltissimi conflitti in corso, pensiamo in particolare a quello che si consuma nello Yemen, e all’origine di una larga parte delle migrazioni forzate del pianeta.
“Mai più la guerra, avventura senza ritorno”.
Sono trascorsi quasi 29 anni da quella preghiera di Papa Giovanni Paolo II, un accorato e pressante appello pronunciato il 2 febbraio 1991, nonché un invito ripristinare la via del dialogo e del negoziato per porre fine alla Guerra del Golfo, un altro drammatico e sanguinoso conflitto che ha bagnato di sangue e di lutti il Medio Oriente.
Eppure poco o nulla, da allora, sembra cambiato.
Ancora una volta la logica dei rapporti di forza e le cosiddette ragioni della geopolitica prevalgono sul rispetto dei diritti umani e le ragioni della pace. Così, da quando la Turchia, ha ripreso i bombardamenti sul nord-est della Siria si contano già oltre 150.000 civili, intrappolati in quest’area di confine, costretti a lasciare le loro abitazioni e le stime dell’ONU ritengono che il numero degli sfollati potrebbe aumentare sino a 450.000 persone. Tutto questo in un Paese, la Siria, che già conta oltre 11 milioni tra sfollati interni e rifugiati, e altri 11 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria, di cui oltre 1 milione nell’area nord orientale colpita da questa nuova crisi.
Le flebili e tardive parole di condanna della comunità internazionale, in testa l’Unione Europea, suonano vuote e rimarranno sterili se non accompagnate da scelte conseguenti dirette a far cessare le armi, ridare la voce ai negoziati e a scoraggiare ulteriori futuri conflitti. L’embargo sulla vendita di armi alla Turchia, deciso da Germania, Francia, Norvegia, Finlandia, Italia e Olanda e che presto potrebbe essere esteso ad altri Paesi dell’Unione Europea, racconta anche chi è che ha armato l’esercito turco. Giova ricordare, al riguardo, che la Turchia è il terzo paese al mondo verso cui l’Italia esporta armamenti, dopo Qatar e Pakistan, e che il Ministero degli Esteri nel 2018 ha autorizzato la vendita di armi all’esercito di Ankara per oltre 360 milioni di euro, una cifra in forte e costante crescita rispetto ai 266,1 milioni del 2017 e ai 133,4 del 2016.
“Come uomini e come cristiani, non dobbiamo abituarci all’idea che tutto ciò sia ineluttabile e al nostro animo non deve essere permesso di cedere alla tentazione dell’indifferenza e della rassegnazione fatalistica, quasi che gli uomini non possano non essere coinvolti nella spirale della guerra”. Sono ancora le parole di San Giovanni Paolo II a illuminarci in questo momento drammatico: per la comunità cristiana nessuna guerra può mai essere accolta con fatalismo e indifferenza.
La preghiera prima di tutto – “strumento umile ma, se nutrito di fede sincera e intensa, più forte di ogni arma e di ogni calcolo umano” (Giovanni Paolo II): per questo il CPD invita le comunità parrocchiali a promuovere veglie e ad animare la liturgia domenicale tenendo presente anche i fatti drammatici che stanno nuovamente insanguinando lo scenario mediorientale e darne comunicazione alla Caritas diocesana perché la notizia possa essere divulgata e resa nota.
Poi la vicinanza alle vittime di questo ennesimo conflitto: tutta la rete internazionale Caritas, già operante da anni in Siria, si sta mobilitando per essere pronta a rispondere a questa nuova emergenza umanitaria in un contesto sempre più difficile e pericoloso. In particolare Caritas Siria, con il sostegno di Caritas Italiana e di altre Caritas estere, sta allestendo alcuni centri di accoglienza di sfollati che si stanno riversando in gran numero nell’area di Hassake. Il CPD diocesano invita le parrocchie e i credenti a sostenere gli interventi in favore delle decine di migliaia di persone già costrette ad abbandonare le proprie abitazioni e destinate ad aumentare nelle prossime settimane se il conflitto non si arresterà, tramite i consueti canali per offerte a Caritas diocesana con causale “Emergenza Siria”.
Quindi la mobilitazione. Il CPD fa proprio l’appello al Governo Italiano, all’Unione Europea e a tutta la Comunità internazionale affinché si faccia tutto il necessario per interrompere, senza condizioni, l’ennesimo eccidio e ristabilire il rispetto del diritto internazionale, lanciato anche da Caritas Italiana e si rivolge direttamente ai rappresentanti locali in Parlamento ma anche ai rappresentanti impegnati in tutte le istituzioni civili locali perché si attivino per far sì che soprattutto dal basso arrivi una ferma richiesta in tale direzione, sotto forma di mozioni e ordini del giorno approvati nei consessi democraticamente eletti. Ora più che mai c’è bisogno dell’impegno e della solidarietà di tutti, perché si possa trovare una soluzione pacifica a questo ennesimo fronte di guerra e si possa rispondere velocemente ai bisogni umanitari più immediati.
Il popolo siriano, piagato da quasi nove anni di guerra che hanno causato morte, distruzione e povertà, ha bisogno di pace per ricostruire la propria vita con dignità.
Il Consiglio Pastorale Diocesano
Pisa, 18 ottobre 2019