Vi proponiamo l’intervento del Dott. Andrea Maestrelli, Presidente della Fondazione Opera Giuseppe Toniolo, durante la sessione pisana del X festival della Dottrina Sociale (26/XI/2020).
IMPRESE X BENE
SEMI DI CAMBIAMENTO PER L’ECONOMIA
E LA SOCIETÀ CIVILE PISANA
Vorrei iniziare questo mio breve intervento con le parole pronunciate da un Papa, in una acciaieria di Taranto. È la vigilia di Natale del 1968, un anno certamente di svolta per i rapporti sociali, e Paolo VI celebra la Santa Messa lì, con gli operai. E dice delle parole che secondo me ci devono far riflettere.
«Vi parliamo col cuore. Vi diremo una cosa semplicissima, ma piena di significato. Ed è questa: Noi facciamo fatica a parlarvi. Noi avvertiamo la difficoltà a farci capire da voi. O Noi forse non vi comprendiamo abbastanza? Sta il fatto che il discorso è per Noi abbastanza difficile. Ci sembra che tra voi e Noi non ci sia un linguaggio comune. Voi siete immersi in un mondo, che è estraneo al mondo in cui noi, uomini di Chiesa, invece viviamo. […] Vi dicevamo, salutandovi, che siamo fratelli ed amici: ma è poi vero in realtà? Perché noi tutti avvertiamo questo fatto evidente: il lavoro e la religione, nel nostro mondo moderno, sono due cose separate, staccate, tante volte anche opposte.»
Ecco, queste parole così forti, così sincere, rendono bene la difficoltà in cui ci troviamo tutt’ora quando come Chiesa abbiamo a che fare, quando tocchiamo con mano i problemi del lavoro, che costituisce il fondamento della nostra Repubblica, e un presupposto fondamentale per una esistenza libera e dignitosa, e per contribuire al progresso materiale e spirituale della società (art.4 Costituzione).
La realtà ci interroga, in modo urgente. Una realtà che è superiore all’idea, perché connessa all’inesauribile varietà dei bisogni della persona, del nostro prossimo. È una realtà che muta velocemente, senza sosta. Pensiamo alle nuove figure lavorative connesse al digitale, pensiamo ad Amazon, che con un click fa arrivare i prodotti nelle nostre case, pensiamo ai riders, spesso stranieri,
che per pochi euro sfrecciano nelle nostre strade portando cibo. Pensiamo al reddito di cittadinanza, nel quale si prevedeva che il percettore potesse svolgere attività di interesse generale (e quindi attività di terzo settore) nei Comuni, disposizione questa ampiamente disattesa. Sono tutti esempi del magma sociale in costante evoluzione che ci è chiesto non solo di conoscere, ma anche di vivere, di toccare con mano, di assaporare, con tutte le sue problematiche e le sue potenzialità. Se i nostri schemi non combaciano con la realtà, non è certo la realtà a venire meno.
Di fronte a questo problematico rapporto con il presente ci possono essere due tentazioni forti.
La prima è quella di radicarsi nel passato, in quella retrotopia di cui ha parlato Bauman. Un passato confortante, fatto di sicurezze e felicità, identità e ricchezza, contrapposto ad un presente insidioso e ingiusto. Si tratta di una banalizzazione e distorsione della realtà che ha forti rischi, e anche qui seguo Bauman: la retrotopia porta ad arroccamenti egoistici, individualismo, razzismo.
La seconda tentazione è quella di un corto-termismo che asseconda acriticamente tutto ciò che è nuovo e tecnologico, in nome di un progresso che, come ci ricorda spesso Papa Francesco, cela nuove povertà, aumenta il divario sociale se non debitamente sostenuto da interventi pubblici, rischia di creare nuove disuguaglianze. La realtà scorre, mentre la finzione la fa da padrona; è la narrazione a diventare il centro della vita politica e sociale. Le cose esistono solo perché narrate, e solo ai fini della narrazione. Quindi è molto più semplice privilegiare le immagini sensazionali ai processi lunghi, alla costruzione di orizzonti di senso.
In questo è da sottolineare la mancanza (o le forti carenze) di una politica “con la P maiuscola”, lungimirante e visionaria.
E a farne le spese sono proprio la formazione e il lavoro, che richiedono sforzi sul lungo periodo, dedizione, lungimiranza; richiedono corpi sociali – corpi intermedi resistenti agli impulsi del breve periodo; richiedono e presuppongono relazioni profonde, che tocchino l’anima delle persone.
Noi come Chiesa riusciamo ancora a fare tutto ciò? Crediamo ancora al valore della formazione o ci siamo rifugiati in incontri, seminari, scuole di formazione, che rimangono in superficie e che non coinvolgono realmente la vita dei nostri fratelli in Cristo?
Questa è la domanda che ci siamo fatti come Fondazione Toniolo, che ho l’onore di presiedere e che proprio durante il centenario dalla morte del beato Toniolo ha lanciato una serie di iniziative che stanno avendo ricadute interessanti e inattese.
Prima di tutto è stato proposto e realizzato, anche grazie allo sforzo incessante del nostro vice-presidente Stefano Biondi, un tavolo di lavoro (Equipe Toniolo) che intercettasse le diverse realtà sociali del territorio, che portasse ad emergere le diverse domande dei territori e delle realtà lavorative. Questo strumento di conoscenza ci ha permesso di partire dai bisogni del nostro territorio. Ci è sembrato in questo di muoverci sulle orme di Toniolo, così attento alla realtà circostante, che sapeva coniugare le vette del pensiero economico con i bisogni concreti delle città e dei paesi. Pensiamo al suo sforzo ad unire realtà diverse, come testimoniato dal lavoro del beato pisano per l’Opera dei Congressi e per le Settimane Sociali.
Oggi ancor più di sempre dobbiamo sforzarci di unire le forze, in special modo nel mondo cattolico, per collaborare e dare una testimonianza forte in questo tempo.
È grazie a questo metodo dialogante che abbiamo immaginato una inedita iniziativa di formazione all’imprenditorialità, MAGIS, un Corso di Alta Formazione Manageriale in Gestione dell’impresa socialmente orientata svolto in collaborazione con l’Istituto Universitario “Sophia”, che si è posto l’obiettivo di sviluppare professionalità capaci di sostenere il ruolo strategico e insostituibile dell’impresa, che fossero in grado di leggere e affrontare le sfide complesse del contesto economico e sociale. Tutto ciò dotando gli oltre 30 partecipanti, oltre che del necessario bagaglio di competenze manageriali, anche di quegli strumenti di “senso” che permettessero di immaginare, gestire o prendere in carico imprese, organizzazioni o istituzioni attente al bene comune, alla sostenibilità del business e all’integrazione sociale.
In parallelo a questo tavolo, la fondazione una attivato una ricerca coordinata dal dottor Alberto Guasco, che sta rileggendo la storia dello sviluppo economico del territorio pisano dalla prospettiva del pensiero di Giuseppe Toniolo e della dottrina sociale della Chiesa. Contiamo di avere presto la conclusione della prima parte di questa ricerca alla quale vorremmo dedicare un ampio spazio di riflessione.
Ma l’iniziativa che ritengo possa costituire una grande sfida per tutta la nostra comunità è un nuovo progetto, il cantiere di speranza, che intende delineare una risposta non solo emergenziale alla mancanza di lavoro, ma programmare e sostenere percorsi personali e comunitari che favoriscano l’ingresso e il reinserimento nel mondo delle attività produttive.
Il progetto è destinato alle persone a rischio esclusione sociale a causa della mancanza di lavoro, con particolare attenzione ai giovani tra i 18 e i 35 anni, occupazione femminile, ultracinquantenni, persone diversamente abili. L’individuazione di queste fasce deboli esprime non solo un intento di
protezione sociale, ma vuole favorire un lavoro di rete tra enti di diversa natura per sostenere il tessuto sociale sul tema del lavoro e della dignità personale.
Il progetto prevede anzitutto l’attivazione di tirocini part-time/full-time destinati al re-inserimento lavorativo, a valle di accordi con enti pubblici e realtà del sistema economico, produttivo e imprenditoriale del territorio pisano. Inoltre vogliamo offrire un sostegno economico, erogato attraverso lo sportello microcredito, alle persone inserite nei nostri percorsi. Per questo sono parte sinergica e fondamentale di questo progetto alcuni istituti e fondazioni pisani.
Proprio grazie a queste sinergie offriremo un sostegno a idee imprenditoriali che verranno accompagnate e incubate da professionisti, in cui quindi il micro-credito non sia un semplice prestito, ma uno degli strumenti concreti offerti per una ripartenza lavorativa insieme alla formazione specifica.
Completano il percorso le attività di accompagnamento e di counseling per coloro che mostrano una scarsa autonomia nella ricerca attiva di una occupazione; un’équipe integrata di professionisti offrirà, nel quadro delle opportunità a disposizione del progetto, specifiche attività di formazione e sostegno che consentano alla persona di riavvicinarsi al mondo del lavoro.
Ecco, allora credo che si debba guardare al mondo Post-Covid, e al mondo della nostra concreta realtà pisana, con una operosa speranza, che guarda al futuro. Ecco, la memoria del futuro, che costituisce il filo rosso di questa iniziativa, ci deve spronare ad uno sguardo lungimirante, che sappia unire formazione e lavoro. Solo così potremo gettare semi di speranza per le future generazioni e assistere ad una ripartenza collettiva, che non si dimentichi degli ultimi e che offra nuove occasioni per un sviluppo sostenibile ed equo per tutta la società.