In vista della 48esima Settimana sociale dei cattolici italiani il Copercom ha promosso il 14 giugno a Roma un Comitato ad hoc. L’incontro è stato introdotto dal presidente Domenico Delle Foglie, che ha invitato i presidenti delle ventinove associazioni aderenti al Coordinamento a sostenere l’azione del Comitato promotore. I “quattro registri comunicativi” scandiranno i lavori delle giornate di Cagliari (26-29 ottobre 2017): “denuncia, racconto, buone pratiche e proposte”. I presidenti si sono impegnati a dare risalto all’evento, in collaborazione con il Copercom.
“La comunicazione delle esperienze – ha spiegato monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato organizzatore – sarà al centro delle Settimane, non la convegnistica di maniera. Certo – ha precisato –, non saremo noi a risolvere i problemi del lavoro con le Settimane sociali. Non vogliamo sostituirci alla politica. Ma, come dice Papa Francesco, possiamo aprire dei percorsi”. Non serve la lamentela senza costrutto, ma il confronto, la progettualità, la speranza per i tanti disoccupati, precari e lavoratori sfruttati nei campi, nelle stalle, nell’edilizia…
“Le Settimane sociali, cominciate 110 anni fa da Giuseppe Toniolo, sono sempre state un momento decisivo nella vita del Paese”, ha ricordato monsignor Santoro. “A partire dalla dottrina sociale della Chiesa, vogliamo proporre qualcosa di concreto agli italiani”. Ogni giorno “vengono tantissime persone da me perché sono disoccupate. Altre vengono a parlarmi dell’Ilva, dei loro cari vittime del tumore”. Ecco, “la comunicazione della Settimana sociale parte da questa esperienza di quotidiana sofferenza”. Insomma, ha osservato monsignor Santoro, “quando facciamo il punto sul lavoro che vogliamo, dobbiamo sempre tenere presenti le facce delle persone: non teorie economiche, ma persone in carne e ossa. Il lavoro in tutte le sue tinte: disoccupazione, precariato, caporalato, sfruttamento della criminalità organizzata, infortuni sul lavoro…”. Il lavoro, ha proseguito il vescovo, “deve essere un’occasione di sviluppo per la dignità della persona. È questa la prospettiva nella quale ci muoviamo come Settimane sociali”. Sulla “crisi economica e la povertà che avanza, la risposta è l’incentivo alla cultura dell’impresa: non la massimizzazione del profitto, ma il bene dei lavoratori”. Ben vengano quindi “l’innovazione tecnologica, i robot, l’economia 4.0, ma siano al servizio della cultura della vita e dell’incontro”. Monsignor Santoro ha sottolineato che “il 50% dei giovani al Sud è senza lavoro”. Mentre “le donne, nonostante siano più scolarizzate degli uomini, sono più colpite dalla disoccupazione e meno retribuite”. Occorre, ha aggiunto il vescovo, “valorizzare il lavoro di cura e quello delle persone portatrici di disabilità”. Così come avere a cuore “il rapporto scuola-lavoro, università-lavoro: altro problema reale, chi ci fa rimpiangere gli istituti professionali di don Bosco. La formazione professionale va curata di più”. “Quello che ci interessa – ha concluso monsignor Santoro – è lo sviluppo posteriore delle Settimane sociali”: l’obiettivo “è indicare cammini, anche al Parlamento, in risposta alla disoccupazione, con proposte utili: ad esempio, la questione della defiscalizzazione, le politiche specifiche per il Mezzogiorno, visto come un’opportunità e un bene per tutto il Paese”.
In un’ottica più “politica” Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori, ha evidenziato che “il Paese non può vivere senza rappresentanza”. Ma “è necessario un grande sforzo, a cominciare dalle forze sociali affinché si apra una nuova stagione di dialogo tra il settore produttivo e i lavoratori all’insegna della collaborazione”. Non è “facile”, soprattutto “dopo una stagione di disintermediazione, ma non ci sono alternative”. Bene le “politiche monetarie e fiscali appropriate”, ha affermato Costalli, ma servono soprattutto “interventi di stimolo alla domanda di investimento e all’assorbimento di giovani qualificati nel settore delle tecnologie”. Il “tema del lavoro e, soprattutto, della dignità del lavoro – ha continuato il leader di Mcl – resta il nervo scoperto e la questione centrale in un’economia globalizzata dove tutte le forze del mercato premono in direzione della riduzione dei prezzi ottenuta producendo non importa come e dove”. Inoltre, gli “indicatori sul lavoro spiegano poco, perché incorporano molto lavoro precario, lavori a reddito insufficiente, voucher sì, voucher no”, ma “ignorano il problema della qualità del lavoro stesso”. Più che di “giornate di grandi sconti, sul modello del ‘venerdì nero’ statunitense – ha notato Costalli –, l’umanità è alla ricerca di un ‘lunedì bianco’ in cui dare inizio a condizioni di lavoro più dignitose”. In Italia, ha chiosato, “il problema è acuito da due fenomeni: la globalizzazione del mercato e la pressione dei lavoratori a basso costo dei Paesi poveri ed emergenti”. E con “l’innovazione tecnologica promossa dalla quarta rivoluzione industriale, le occupazioni fondate sui famosi posti fissi offriranno sempre meno opportunità”. Movimenti come “il nostro possono con la loro rete intercettare i bisogni dei lavoratori, indirizzarli verso il lavoro che cambia e costruire molte occasioni concrete”. Tutti insieme, ha concluso il leader di Mcl, “dobbiamo continuare a lavorare per il sistema Paese”, valorizzando di più anche “la combinazione tra ambiente, arte, storia e stile di vita”, che fanno dell’Italia un unicum nel mondo.
Per Vania De Luca, presidente dell’Unione cattolica stampa italiana, “il lavoro giornalistico e di comunicazione è una questione sociale”. “Sul tema dell’occupazione connessa al mestiere di giornalista e comunicatore l’Ucsi riflette nel suo percorso verso Cagliari attraverso la rivista ‘Desk’, una rubrica sul sito e iniziative sul territorio”. Vi è “una doppia ottica: il nostro lavoro come è cambiato e come sta cambiando, e che tipo di rappresentazione i nostri media danno o non danno del mondo lavorativo con tutte le problematiche inerenti (servizio pubblico in testa)”. In “Desk”, ha proseguito la vaticanista di Rainews24, “abbiamo affrontato due parole chiave che ci dicono perché e come il lavoro dei giornalisti e dei comunicatori è una questione sociale: la disintermediazione e la post-verità”. Nel prossimo numero della rivista e alla Scuola di formazione Ucsi in autunno ad Assisi, ha aggiunto, “continueremo a interrogarci sul tema occupazionale”. De Luca ha ribadito che “i giornalisti e i comunicatori sono attori sociali, ma se si disintermedia e ciascuno può produrre notizie, grazie ai social media, la qualità dell’informazione ne risente e viene meno il rapporto di fiducia con i cittadini, lettori e ascoltatori. Alla fine ci perdono tutti…”. La vaticanista ha concluso rilevando che, “con i nuovi media, abbiamo una grande responsabilità come professionisti dell’informazione: fare argine, saper dire dei ‘no’ alle distorsioni, alle derive, agli appelli dei populisti che trovano terreno fertile nell’opinione pubblica”.
(da www.copercom.it)