«Direi che adesso ci sono i fiori, i frutti verranno dopo! Ma i fiori sono promettenti […]. Con i fratelli e le sorelle musulmani abbiamo sigillato questa fraternità nel Documento di Abu Dhabi, e qui in Marocco con ciò che tutti abbiamo visto: una libertà, una fraternità, un’accoglienza; tutti fratelli con un rispetto tanto grande. E questo è un bel “fiore”, un bel fiore di convivenza che promette di dare frutti».
Le parole pronunciate da Papa Francesco, lo scorso 31 marzo, durante la conferenza stampa al rientro da Rabat, riassumono perfettamente i presupposti dell’incontro organizzato dalla nostra Fondazione, lo scorso 6 aprile, presso la Biblioteca dei Cappuccini.
L’iniziativa era volta ad approfondire il significato e le conseguenze del viaggio del Pontefice negli Emirati Arabi Uniti. Durante quello storico evento è stato firmato e reso pubblico il Documento sulla Fratellanza Umana: un vibrante appello a rafforzare il dialogo interreligioso e promuovere la conoscenza ed il rispetto reciproco, pur nella diversità di culture e tradizioni. Quel documento affronta i temi più urgenti del nostro tempo, sui quali chi crede in Dio è esortato ad interrogarsi e, con fiducia e decisione, assumersi la propria responsabilità.
L’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto, ha introdotto l’incontro ed accolto i presenti sottolineando l’attenzione che la chiesa pisana intende dedicare a questi temi: è necessario e importante aprire percorsi di studio, dialogo e confronto, insieme ad un lavoro di approfondimento, educazione e divulgazione di questi contenuti.
Al confronto, moderato da Martina Pignatti, già presidente dell’associazione “Un ponte per…”, hanno preso parte il teologo Severino Dianich, l’imam di Firenze Izzedin Elzir e il direttore del Centro La Pira, Maurizio Certini.
AUDIO DELL’INCONTRO
Saluto Arcivescovo 02:50
Intervento Severino Dianich 06:59
Intervento Izzedin Elzir 27:30
Intervento Maurizio Certini 49:20
«In un’epoca come la nostra, in cui è forte la tentazione di vedere in atto uno scontro tra le civiltà cristiana e quella islamica, e anche di considerare le religioni come fonti di conflitto, abbiamo voluto dare un ulteriore segno, chiaro e deciso, che invece è possibile incontrarsi, è possibile rispettarsi e dialogare, e che, pur nella diversità delle culture e delle tradizioni, il mondo cristiano e quello islamico apprezzano e tutelano valori comuni: la vita, la famiglia, il senso religioso, l’onore per gli anziani, l’educazione dei giovani, e altri ancora».
Con queste parole, nella catechesi dell’udienza generale del 6 febbraio scorso, Papa Francesco ha sintetizzato il senso del suo viaggio apostolico negli Emirati Arabi Uniti.
Nell’incontro di sabato pomeriggio tutti i relatori, in un clima autenticamente fraterno, hanno evidenziato gli importanti progressi che il dialogo interreligioso ha registrato negli ultimi decenni, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II.
Se – per cristiani e musulmani – Dio è il Creatore di tutto e di tutti, noi siamo membri di un’unica famiglia e come tali dobbiamo riconoscerci. È questo il criterio fondamentale che la fede ci offre per interpretare e gestire le diversità che sussistono tra noi, per disinnescare i conflitti.
I diversi relatori hanno raccontato esperienze e scelte concrete di condivisione e serena convivenza, senza nascondere le oggettive distanze o le difficoltà incontrate, spesso ad opera o conseguenza dell’influsso di frange estremiste o xenofobe.
È soprattutto nella “città” – la “casa comune”, come la definiva La Pira – che la pratica del dialogo e del rispetto reciproco, valore ben superiore alla semplice tolleranza, hanno permesso e consentiranno in futuro che questo cammino non si arresti.
Grazie ad un affondo nella cronaca locale, il dibattito e le diverse posizioni emerse in merito alla costruzione della moschea nel comune di Pisa hanno trovato ampia eco negli interventi dei relatori e dei molti partecipanti all’incontro. È stato citato ed apprezzato il recente intervento di Mons. Benotto davanti al Consiglio Comunale e sono stati da più parti richiamati e condivisi i riferimenti alla carta costituzionale, laddove si parla del diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata.
Ancora Papa Francesco, di ritorno dal Marocco, ha affermato:
«Noi abbiamo visto che è più bello seminare la speranza, seminare la speranza e camminare tenendosi per mano, sempre avanti. Abbiamo visto che nel dialogo […] ci vogliono dei ponti, e siamo addolorati quando vediamo le persone che preferiscono costruire dei muri. Perché siamo addolorati? Perché coloro che costruiscono i muri finiranno prigionieri dei muri che costruiscono. Invece quelli che costruiscono ponti andranno tanto avanti. Costruire ponti è per me una cosa che va quasi oltre l’umano, perché ci vuole uno sforzo molto grande».
Tutti – sabato scorso – si sono detti consapevoli di quanto nel mondo attuale, il dialogo interreligioso, prima che una questione speculativa o dogmatica, costituisca una vera e propria urgenza sociale. Esso riguarda infatti la convivenza pacifica, la pace e la concordia sociale; riguarda le tante vittime dell’ingiustizia, della violenza e delle guerre.
Per costruire ponti occorrono grande coraggio, impegno e pazienza, ma questa è davvero l’unica scelta che abbiamo se vogliamo mantenere libertà e speranza, se desideriamo che i fiori di oggi si trasformino in frutti di pace per i nostri figli.