Un quadro e due lettere

La Danza, Henri Matisse (1910)

Con l’esperienza dell’isolamento “ci siamo resi conto che le relazioni sono proprio essenziali per vivere, compresi gli abbracci, che non sono solo una romanticheria. Sono un’espressione vera di relazione, una parte importante e integrante della relazione”. A parlare è mons. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, guarito dal Coronavirus dopo 40 giorni trascorsi in ospedale durante i quali ha rischiato la vita. In un video che sta girando su Whatsapp (riportato subito sotto) racconta e descrive la bellezza dell’abbraccio, “perché stiamo provando tutti quante sarebbe bello abbracciarci, darci la mano”. “Ci siamo resi conto – dice – che le relazioni non sono solo nella testa. È bello pensarci, portarci nel cuore, ma noi abbiamo bisogno di vederci, di mangiare pane e salame insieme, di cose concrete. E dunque di abbracciarci, di darci la mano, di ridere, di scherzare, di sentire la voce diretta dell’altro”. Il vescovo di Pinerolo ricorda che “l’abbraccio vuol dire due cose enormi: allargare le braccia è il gesto antico per dire ‘non uso armi contro di te’, non ho da difendermi perché mi fido di te. Abbracciare vuol dire ‘sono disarmato’, non mi difendo. Stringere le braccia intorno al corpo delle persone significa ‘io ti voglio dentro la mia vita’. Mi fido di te e sei talmente importante che ti voglio nella mia vita. Questa è la potenza simbolica dell’abbraccio”. Mons. Olivero fa anche riferimento al dipinto di Matisse “La danza”, esposto al museo dell’Hermitage a San Pietroburgo, con i danzatori “che si tengono per mano e si contorcono per riuscire a tenere la mano dell’altro e costruire una relazione”. “Se tu dai un abbraccio vero e cerchi di costruire una relazione sei un gigante – conclude –. Quando fatichiamo in una relazione ricordiamoci la danza di Matisse. Se ami davvero sei un gigante”.

Lettera del vescovo Derio
alla diocesi di Pinerolo

 

Carissime amiche, carissimi amici,

in questi giorni si è acceso un dibattito sulle Messe: aprire o aspettare ancora? In realtà la vita di  tutti ci sta dicendo di pensare a cose più urgenti: il dolore di chi ha perso un famigliare, senza neppure poterlo salutare; l’angoscia di chi ha perso il lavoro e fatica ad arrivare a fine mese; il peso di chi ha tenuto chiuso un’attività per tutto questo tempo e non sa come e se riaprirà; i ragazzi e i giovani che non hanno potuto seguire lezioni regolari a scuola; i genitori che devono con fatica prendersi cura dei figli rimasti a casa tutto il giorno; la ripresa economica con un impoverimento generale…

Queste sono questioni che mi porto in cuore e sulle quali, come Chiesa di Pinerolo, stiamo cercando di fare il possibile. E’ in gioco il futuro del nostro territorio. A questo dedico la maggior parte delle mie poche forze in questi giorni, mettendoci mente e cuore.

La questione serissima è: “Non è una parentesi!”. Vorrei che l’epidemia finisse domani mattina e la crisi economica domani sera. Ma non sarà così. In ogni caso questo periodo di pandemia e di crisi non è una semplice parentesi. Molti pensano: “Questa parentesi si è aperta ad inizio marzo, si chiuderà e torneremo alla società e alla Chiesa di prima”. No. E’ una bestemmia, un’ingenuità, una follia. Questo tempo parla, ci parla. Questo tempo urla. Ci suggerisce di cambiare.

La società che ci sta alle spalle non era la “migliore delle società possibili”. Vi ricordate quanti “brontolamenti” facevamo fino a febbraio? Bene, questo è il tempo per sognare qualcosa di nuovo. Quella era una società fondata sull’individuo.

Tutti eravamo ormai persuasi di essere “pensabili a prescindere dalle nostre relazioni”. Tutti eravamo convinti che le relazioni fossero un optional che abbellisce la vita. Una ciliegina sulla torta, un dolcetto a fine pasto.

In questo isolamento ci siamo resi conto che le relazioni ci mancano come l’aria. Perché le relazioni sono vitali, non secondarie. Noi siamo le relazioni che costruiamo. Ciò significa riscoprire la “comunità”. Gli altri, la società sono una fortuna e noi ne siamo parte viva. Il mio paesino, il mio quartiere, la mia città sono la mia comunità: sono importanti come l’aria che respiro e devo sentirmi partecipe. L’abbiamo scoperto, ora proviamo a viverlo. Non è una parentesi, ma una nascita. La nascita di una società diversa. Non sprechiamo quest’occasione!

Una società che riscopre la comunità degli umani, l’essenzialità, il dono, la fiducia reciproca, il rispetto della terra. Ne ho parlato nella mia lettera “Vuoi un caffè?”. Forse possiamo rileggerla oggi come stimolo per sognare e costruire una società nuova.

In secondo luogo mi rivolgo ai credenti.

Non basta tornare a celebrare per pensare di aver risolto tutto. “Non è una parentesi”. Non dobbiamo tornare alla Chiesa di prima. O iniziamo a cambiare la Chiesa in questi mesi o resterà invariata per i prossimi 20 anni. Per favore ascoltiamo con attenzione ciò che ci sussurra questo tempo e ciò che meravigliosamente ci dice Papa Francesco.

Vi ricordate cosa dicevamo fino a fine febbraio? In ogni incontro ci lamentavamo che la gente non viene più a Messa, i bambini del catechismo non vengono più a Messa, i giovani non vengono più a Messa. Vi ricordate? Ed ora pensiamo di risolvere tutto celebrando nuovamente la Messa con il popolo?

Io credo all’importanza della Messa. Quando celebro mi “immergo”, ci metto il cuore, rinasco, mi rigenero. So che è “culmine e fonte” della vita del credente. E sogno dall’8 di marzo di poter avere la forza per tornare a presiedere un’Eucarestia. Ma in modo netto e chiaro vi dico che non voglio più una Chiesa che si limiti a dire cosa dovete fare, cosa dovete credere e cosa dovete celebrare, dimenticando la cura le relazioni all’interno e all’esterno.

Abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza delle relazioni all’interno, tra catechisti, animatori, collaboratori e praticanti. Abbiamo bisogno di creare in parrocchia un luogo dove sia bello trovarsi, dove si possa dire: “Qui si respira un clima di comunità, che bello trovarci!”.

E all’esterno, con quelli che non frequentano o compaiono qualche volta per “far dire una messa”, far celebrare un battesimo o un funerale. Sogno cristiani che amano i non praticanti, gli agnostici, gli atei, i credenti di altre confessioni e di altre religioni. Questo è il vero cristiano.

Sogno cristiani che non si ritengono tali perché vanno a Messa tutte le domeniche (cosa ottima), ma cristiani che sanno nutrire la propria spiritualità con momenti di riflessione sulla Parola, con attimi di silenzio, momenti di stupore di fronte alla bellezza delle montagne o di un fiore, momenti di preghiera in famiglia, un caffè offerto con gentilezza.

Non cristiani “devoti” (in modo individualistico, intimistico, astratto, ideologico), ma credenti che credono in Dio per nutrire la propria vita e per riuscire a credere alla vita nella buona e nella cattiva sorte.

Non comunità chiuse, ripiegate su se stesse e sulla propria organizzazione, ma comunità aperte, umili, cariche di speranza; comunità che contagiano con propria passione e fiducia.

Non una Chiesa che va in chiesa, ma una Chiesa che va a tutti. Carica di entusiasmo, passione, speranza, affetto. Credenti così riprenderanno voglia di andare in chiesa. Di andare a Messa, per nutrirsi. Altrimenti si continuerà a sprecare il cibo nutriente dell’Eucarestia.

Guai a chi spreca il pane quotidiano (lo dicevano già i nostri nonni). Guai a chi spreca il “cibo” dell’Eucarestia. Solo con questa fame potremo riscoprire la fortuna della Messa. E solo in questo modo riscopriremo la voglia di diventare un regalo per gli altri, per l’intera società degli umani.

Buon cammino a tutti. Insieme. Vi porto in cuore.

Con affetto e stima.

+ Derio

Lettera del vescovo Derio
ai sacerdoti e ai diaconi permanenti
sulla ripresa delle celebrazioni

 

Carissimi Amici Sacerdoti,

Carissimi Amici Diaconi,

vi saluto di cuore e vi comunico che sono ancora molto fragile e debole; per cui vi chiedo scusa se sono ancora un po’ lento nel lavoro e per tale motivo non sono ancora riuscito a fare il Decreto sulla celebrazione delle Messe per la nostra Diocesi.

Sto leggendo tutti i vari decreti usciti dal Governo e dalla CEI e attendo la posizione dei Vescovi del Piemonte. Pertanto vi chiedo di avere pazienza e di prepararvi tenendo presenti le normative CEI che vi allego.

Per il momento decreto che per la Diocesi di Pinerolo l’inizio delle Messe è rinviato a lunedì 25 maggio. I motivi sono vari.

Innanzitutto devo giungere ad un Decreto e vorrei prima sentire cosa decidono i Vescovi del Piemonte.

In secondo luogo già altri Vescovi (vd. Mondovì) hanno fatto questa scelta (il Piemonte è ancora fortemente colpito dal virus, non dobbiamo essere superficiali).

In terzo luogo ci terrei a suggerire di celebrare Messe all’aperto (sarebbero molto meno artificiose delle Messe al chiuso, contingentate). Ma per le Messe all’aperto dobbiamo avere la deroga alla Legge Gabrielli; il Sindaco di Pinerolo ha già interessato il Prefetto, e vorrei che anche il nostro Presidente CEP lo interessasse. La risposta del Prefetto non è ancora giunta.

Un quarto motivo è che alcune parrocchie non si sono ancora attivate per essere secondo la normativa relativa alle Messe in chiesa. Voglio essere sicuro, prima di dare il permesso della Celebrazione, che tutti siano preparati al rispetto della normativa CEI. La questione è molto seria.

Per tutti questi motivi DECRETO che nella Diocesi di Pinerolo si inizierà la celebrazione delle Messe con il popolo lunedì 25 maggio.

Chiedo fermamente a tutti voi, in questo periodo, di spendere il vostro tempo e le vostre energie per farvi sentire presenti alla Comunità.

Ciò vuol dire prendere il telefono e telefonare a tutti gli ammalati, agli anziani che conoscete e soprattutto a tutti gli Operatori Pastorali (Catechisti, Animatori, Collaboratori…). So che molti lo stanno facendo. Altri si sono fatti sentire in mille modi: streaming, con messaggi, telefonando, visitando i malati, portando la comunione (con le debite attenzioni), confessando. Purtroppo alcuni non hanno fatto nulla.

Amici, questo è il tempo delle relazioni; questo è il tempo in cui i cristiani, e noi ministri per primi, dobbiamo costruire relazioni per aiutare la fatica della gente.

Vi chiedo con fermezza di prendere il telefono e occupare questi giorni a telefonare ripetutamente, semplicemente per dire: “Ti penso, ti ricordo nella preghiera, ti porto in cuore”.

Un sacerdote non può presiedere l’Eucaristia se non cura le relazioni. Altrimenti l’Eucaristia diventa artificiosa e formale (tanto più con queste norme). Questa è una cosa seria.

Se vengo a sapere che in qualche parrocchia non si farà nulla in questa direzione (cura delle relazioni e attenzione ai poveri), in tale parrocchia posticiperò ulteriormente l’inizio della celebrazione della Messa con il popolo.

Vi ringrazio di tutto ciò che avete fatto in questo tempo. Vi ringrazio per le vostre preghiere e per la vicinanza Mi scuso ancora per il fatto che sono ancora quasi bloccato nel letto, ma spero di riuscire a fare qualcosa anche da qui.

Vi ringrazio, vi auguro un buon lavoro e vi mando la mia benedizione.

+ Derio